Salmo 103 – Dio è amore

Per prima cosa c’è da chiedere perdono a dire questo salmo così (come forse diciamo ogni preghiera!), consunti dall’uso, presi dentro il clima della solita abitudine. Invece lo stesso salmo c’ispiri a comporre anche noi – sull’esempio della Vergine e di Francesco – un nostro personale cantico delle creature.

A tanto dovrebbe approdare lo spirito di pietà: a cantare anche noi come loro hanno cantato, fatti di volta in volta voce del creato; voce di questa umanità, raccogliendo speranze e disperazioni; continuando appunto a «salmeggiare».

1 Di Davide.

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.

2 Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

3 Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,

4 salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia,

5 sazia di beni la tua vecchiaia,
si rinnova come aquila la tua giovinezza.

6 Il Signore compie cose giuste,
difende i diritti di tutti gli oppressi.

7 Ha fatto conoscere a Mosè le sue vie,
le sue opere ai figli d’Israele.

8 Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.

9 Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.

10 Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

11 Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono;

12 quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.

COMMENTI

RAVASI

Il «Dio è amore» della Prima Lettera di Giovanni (4,8) sembra quasi anticipato in questa benedizione che F. Nietzsche ha definito «il libro della giustizia divina», una giustizia che conosce il perdono. Infatti il filosofo tedesco allegava questo salmo nella sua polemica contro la riduzione dell’ Antico Testamento a testimonianza della sola giustizia punitiva di Dio. Racchiuso entro due benedizioni, personale la prima (vv. 2-3) e corale-cosmica quella finale (vv. 20-23), il salmo si sviluppa in due movimenti. Il primo è un dolce canto dell’amore e del perdono (vv. 4-10), un perdono che supera le rigide leggi della giustizia (v. 10). Il secondo movimento lirico celebra il rapporto tra amore divino e fragilità umana (vv. 11-19) e lo fa attraverso cinque similitudini di grande efficacia: la distanza verticale cielo-terra, quella orizzontale oriente-occidente, la tenerezza paterna, l’erba e il fiore del campo investiti dal vento bruciante del deserto. Su tutta la scena si erge la bontà amorosa di Dio, espressa tra l’altro anche con la celebre radice ebraica rhm, che indica «la visceralità» materna dell’amore di Dio per la sua creatura. L ‘uomo debole e inconsistente, «breve di giorni e sazio di inquietudine» (Giobbe 14,1), è avvolto dall’«amore di Dio che è per sempre» (v. 17).

GIOVANNI NICOLINI

Per me siamo qui all’apice del Salterio. Bisogna però dire che l’esperienza soggettiva e la condizione di ogni momento dell’esistenza di ciascuno induce attenzioni e reazioni diverse per ognuno che preghi nel Salterio e anche per ogni persona in diverse vicende e condizioni della sua vita. Resta che il nostro Salmo è rivelazione sublime della misericordia divina e quindi dello straordinario vincolo di comunione che il Signore ha con ogni persona e con il volto concreto della storia di ciascuno.
I vers.1-2 sono l’invito e l’esortazione che rivolgiamo a noi stessi (è l’ “anima mia”!) di benedire il Signore e il suo santo nome per tutto il bene che da Lui abbiamo ricevuto e riceviamo: “tutti i suoi benefici”. Questo significa la sapienza del dono e cioè la possibilità di cogliere tutto quello che accade, e ci accade, come dono di Dio. Il che non è un’evasione dalla realtà, ma è la grazia di poter vedere sempre, anche nelle prove, come il Signore conduca mirabilmente la nostra vita.
Questa sapienza poggia sull’esperienza reale e realistica della nostra vita. Qui ci troviamo davanti ad una concezione della vita tipica della fede e dell’esperienza interiore dell’ebraismo e, quando funziona, del cristianesimo. Dico “funziona”, perché non possiamo ignorare l’influenza potente e prepotente che nel pensiero cristiano ha avuto la grande filosofia classica. Per tale pensiero, è “normale” che le cose funzionino. Per un ebreo è invece ovvio che la condizione umana sia segnata radicalmente dalla sua fragilità, dai suoi limiti, dalla relatività di ogni vicenda… Per la nostra fede ebraico-cristiana è decisiva dunque la concezione della vita come “salvezza” da ogni male e da ogni ostacolo. “Salvezza” vuol dire intervento di Qualcuno o di qualcosa che mi libera e mi tira fuori da condizioni negative del tutto superiori alle mie forze.
Ecco dunque quali sono i “benefici” (ver.2) ricevuti dal Signore: “perdona …guarisce …salva …circonda di bontà e di misericordia …sazia di beni …” (vers.3-6), e ….tutto il Salmo! La fede non è una dottrina, ma è la storia della vita, visitata da Dio, con tutte le sue traversie, le sue grazie e le sue disgrazie, le prove, i doni …. Tale storia diventa la nostra esperienza e costruisce in noi stessi la conoscenza di Dio e la relazione con Lui. Tutto nasce dalla storia. Mi è sempre più arduo affrontare il discorso sulla fede partendo dall’ipotesi che sia un pensiero. La fede è “quello che mi è capitato” e che scopro (ma bisogna dire che questa stessa scoperta è dono di Dio) essere la presenza e la compagnia attiva del Signore nella mia vita. Si potrebbe pensare ad altri agenti e ad altre cause – l’intelligenza, la ricchezza, le stupidate combinate, la fortuna, la magia, gli dèi, ….. . Il dono della Parola che mi è stata annunciata e “testimoniata” (cioè, in qualche modo “fatta vedere”) da qualcuno, e la Parola che anche oggi a me e a voi viene donata, conferma e incessantemente amplia la nostra esperienza della presenza e della potenza di Dio nella storia: storia di ciascuno e di tutti.
A partire da questa concreta esperienza, posso dire qualcosa di Lui: che “è misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore” (ver.8), che “non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno, non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe” (vers.9-10). E tutto questo accade e lo conosciamo anche noi (almeno un po’!) “perché quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia … quanto dista l’oriente dall’occidente, così Egli allontana da noi le nostre colpe” (vers.11-12).
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.

ROBERTO TUFFARIELLO

Leggevo un romanzo autobiografico di Gabriella Ghermandi, scrittrice italo-etiopica. A un certo punto della storia, un vecchio monaco le suggerisce, per superare il suo travaglio interiore, di pregare ripetendo alcuni mantra. Il primo era proprio questo:
“Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici”.
Almeno oggi anche noi possiamo ripetere il bel mantra, dicendo e pensando bene del nostro Dio e Signore e ringraziandolo (leggo che il verbo brk significa “ringraziare” quando risponde a un beneficio ricevuto). – Un commento sottolinea che la sua azione benefica è resa nei primi versetti con dei participi: Egli è il perdonatore, il riscattatore, il coronatore, il saziante…

MARIATERESA

Condivido con voi uno dei versetti che a me piace più di tutti :
“Ti circonda di bontà e misericordia sazia di beni la tua vecchiaia, si rinnova COME AQUILA la tua giovinezza”.
…Come Aquila…!

I PADRI DELLA CHIESA

v. 1b Quanto è in me benedica il suo santo nome. Non crediamo inutile questa distinzione implicita di tutte le parti di noi stessi per applicarle alla lode di Dio: le più piccole parti del nostro corpo sono state stabilite dall’abisso della Sapienza divina in modo che non ci sia in noi nulla d’inutile e l’accordo e l’armonia di tutte le nostre più piccole parti contribuisca a lodare Dio e benedirlo. E’ giusto, dunque, convocare tutto ciò che è in noi (Eusebio).

vv. 2-5 Sintesi dei benefici di Dio: perdona i nostri peccati per mezzo della propiziazione che è il Cristo; ti libera dalla morte dando per la tua morte il sangue del suo Figlio; ti corona della grazia d’adozione; ti dona la speranza della risurrezione con il pegno dello Spirito. Tutti questi sono i doni dello Sposo alla sposa, e questa non porta che la propria fede (Eusebio).

Chi si ricorda davvero dei benefici di Dio non si stanca mai di lodarlo (Atanasio).

Dio ci ha perdonato i peccati, adottati, colmati di beni spirituali, e ha dato se stesso donandoci il pane di vita (Atanasio).

Dio perdona, guarisce, risuscita, corona (Cassiodoro).

Ti spoglierai del tuo uomo vecchio, come l’aquila si spoglia della sua vecchiezza (Origene).

La tua giovinezza sarà rinnovata per sempre in una vita incorruttibile (Eusebio).

L’aquila simboleggia e profetizza la risurrezione (Atanasio).

v. 6 Il Signore ha mostrato sotto Mosè come egli ha pietà, ma anche come giudica severamente. Il Signore ha pietà di noi allo stesso modo che un padre ha compassione di figli che si comportano male. Noi eravamo senza Dio e senza timore di Dio: ci ha resi pii e timorosi di Dio (Eusebio).

v. 7 La nostra salvezza mediante il battesimo non è una cosa nuova, perché Dio l’aveva annunciata per mezzo dei profeti e raffigurata con Mosé che attraversa il mar Rosso (Teodoreto).

Dio ha fatto conoscere le sue vie a Mosé donando la legge per convincere l’uomo che era malato e aveva bisogno del medico [cfr. Rm 7,23ss] (Agostino).

vv. 9-10 Dio è stato irritato dal peccato di Adamo e ci ha condannati a morte, ma ciò non durerà per sempre (Origene).

Neppure i reprobi Dio retribuisce con tutti i supplizi che meriterebbero (Origene).

vv. 13-16 Il Creatore ha i sentimenti di un padre che conosce la debolezza dei suoi figli. Seguirà ora la descrizione di questa debolezza: siamo fatti di polvere, ecc. (Teodoreto).

Un padre ha compassione dei suoi figli correggendoli; così Dio con noi (Girolamo).

L’argilla, se non si mescola con l’acqua, si disgrega immediatamente; come l’argilla ha bisogno d’acqua per essere riplasmata, così noi abbiamo bisogno del battesimo per essere riplasmati (Esichio di Gerusalemme).

Egli sa di che cosa siamo plasmati. Il suo modo di conoscere la nostra argilla fu di assumerla per amore (Gregorio Magno).

vv. 20-22 All’inizio del salmo lo Spirito divino invitava l’anima umana a benedire Dio. Ora, dopo aver parlato delle dimore celesti destinate ai fedeli, passa con molta naturalezza agli spiriti celesti, perché questi fanno festa per ogni peccatore che si pente. O anima mia, sei ben poca cosa tu per benedire il Signore, mentre questi spiriti potenti… E quelli che conducono sulla terra la vita degli angeli hanno più possibilità che altri di lodare Dio. Quando ci si pensa, si sarebbe tentati di dire: Lasciamo ai migliori questa cura! Cediamo il posto a persone più degne! No, ciascuno al proprio posto loda Dio nella creazione: quelli che sono fatti ad immagine di Dio come te, e anche gli esseri inanimati lo celebrano con la loro bellezza. Questo concerto incita anche me a celebrare il Creatore. E se i giudei erano tenuti a celebrare il culto nella sola Gerusalemme, noi, secondo il comando dell’apostolo, possiamo pregare in ogni luogo alzando mani pure e senza contese [1Tm 2,8] (Eusebio).

Questo insegna che chi loda Dio condivide la dignità degli angeli (Atanasio).

Più fortunati dei giudei, noi possiamo ovunque innalzare le nostre mani a Dio nella preghiera [cf 1Tm 2,8]. Il Cristo ha detto: Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità [Gv 4,23] (Teodoreto).

PERFETTA LETIZIA

Il salmista esordisce con un invito a se stesso a benedire il Signore. Di fronte alla grandezza, alla bellezza, alla potenza della creazione esprime il suo stupore e la sua lode a Dio: “Sei tanto grande, Signore, mio Dio!”.

Egli contempla Dio nella sua sovranità universale, tratteggiandolo “avvolto di luce come di un manto”. Una luce gloriosa, non terrena, non degli astri, ma divina, con la quale illumina gli spiriti angelici, nel cielo.

Egli ha separato la luce dalla notte e con l’albeggiare stende il cielo “come una tenda”; cioè stende la calotta azzurra del cielo. Così, pure, stende le tenebre della notte: “Stendi le tenebre e viene la notte”. Sovrano del cielo e della terra, pone la sua dimora di re sulle acque, cioè sulle nuvole alte e bianche, là dove nessuno può fare una dimora. Sovrano difende i suoi sudditi fedeli dai nemici, facendo delle nuvole basse e buie il suo carro da guerra trainato dal vento visto come un essere alato: “Costruisci sulle acque le tue alte dimore, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento”. I venti annunziano il suo arrivo nella tempesta, mentre le folgori presentano la sua potenza sulla terra: “Fai dei venti i tuoi messaggeri e dei fulmini i tuoi ministri”.

Il salmo, che segue l’ordine della prima narrazione della creazione (Gn 1,1s), continua presentando la primordiale situazione della terra, ora fermamente salda “sulle sue basi”, intendendo per basi niente di formalmente vincolante, ma solo un’immagine tratta dalle congetture dell’uomo.
L’onnipotenza divina viene presentata come dominatrice delle acque che coprivano la terra: “Al tuo rimprovero esse fuggirono, al fragore del tuo tuono rimasero atterrite”. Le acque si divisero in acque sotto il firmamento e in acque sopra il firmamento (le nubi, pensate ferme in alto per la presenza di una invisibile calotta detta firmamento), così cominciò il ciclo delle piogge e le acque “Salirono sui monti, discesero nelle valli, verso il luogo (mare) che avevi loro assegnato”. Dio provvede, nel tempo privo di piogge, al regime delle acque, e fa scaturire nelle alte valli montane acque sorgive che poi scendono lungo i canaloni tra i monti per dissetare gli animali. Gli uccelli trovano dimora nei luoghi alti e cantano tra le fronde degli alberi. Tutto è predisposto perché non manchi il cibo: “Con il frutto delle tue opere si sazia la terra. Tu fai crescere l’erba per il bestiame e le piante che l’uomo coltiva…”.
E anche gli alberi alti sono sazi per la pioggia “sono sazi gli alberi del Signore (cioè gli alberi altissimi: nell’ebraico il superlativo assoluto è reso con un riferimento a Dio), i cedri del Libano da lui piantati”. (I cedri del Libano raggiungono anche i 40 m. di altezza, con un diametro alla base di 2,5 m.)
Dio per segnare le stagioni ha fatto il sole e la luna. Ritirando a sera la luce stende “le tenebre e viene la notte”; e anche nella notte prosegue la vita: “si aggirano tutte le bestie della foresta; ruggiscono i giovani leoni in cerca di preda”. Con i loro ruggiti “chiedono a Dio il loro cibo”. Il salmo presenta che gli animali carnivori sono stati creati così da Dio. Il libro della Genesi (1,30) presenta un mondo animale che si cibava di erbe nella situazione Edenica; ma è un’immagine rivolta a presentare come all’inizio non ci fosse la ferocia tra gli animali, benché non mancassero animali carnivori, creati da Dio, come il nostro salmo presenta.

L’uomo comincia il suo lavoro col sorgere del sole: “Allora l’uomo esce per il suo lavoro, per la sua fatica fino a sera”.

Il salmista loda ancora il Signore per le sue opere.

Passa quindi a considerare le creature del mare; in particolare il Leviatan, nome col quale l’autore designa la balena.

Il mondo animale è oggetto pure esso dell’assistenza divina: “Nascondi il tuo volto: li assale il terrore; togli loro il respiro: muoiono, e ritornano nella loro polvere”. Se Dio ritrae la sua assistenza gli animali periscono, non hanno più l’alito delle narici “togli loro il respiro”. Ma se manda il suo Spirito creatore sono creati. Lo Spirito di Dio è all’origine della creazione: (Gn 1,2).

Il salmista chiede che sulla terra ci sia la pace tra gli uomini, affinché “gioisca il Signore delle sue opere”. “Scompaiano i peccatori dalla terra e i malvagi non esistano più” dice, augurandosi un tempo dove gli uomini cessino di combattersi. Questo sarà nel tempo di pace che abbraccerà tutta la terra, quando la Chiesa porterà Cristo a tutte le genti; sarà la società della verità e dell’amore. Noi dobbiamo incessantemente impegnarci con la preghiera e la testimonianza per questo tempo che invochiamo nel Padre Nostro dicendo: “Venga il tuo regno”.

Dossologia

Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito,
per l’amore, la fede e speranza
che ci fanno creature divine.

Preghiera

Padre della vita,
fa’ che nessuno di noi finisca nel nulla;
Padre, che nel Cristo Gesù hai rivelato
il tuo amore per ogni uomo,
non guardare ai nostri peccati,
ma continua a darci la tua grazia
che ci salvi dal male e dalla morte;
e rendi i nostri volti sempre più simili
al volto del tuo Figlio
che di te splende per sempre.
Amen.

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